L'Istituto di qualificazione delle imprese d'installazione di impianti dell'Emilia Romagna ha pubblicato un articolo redatto dall'Ing. Luciano Gaia - Presidente CTA UNAE Emilia Romagna sull'importanza per gli installatori del concetto di lavoro a "regola ad arte". Scopo dell'articolo - di seguito proposto - è quello di cercare fornire dati, informazioni e correnti di pensiero per potersi orientare tra adempimenti, norme, leggi e interessi economici per realizzare impianti nel miglior modo.
Il concetto di regola dell’arte ha avuto origine nel medioevo. In quel periodo in molte città d’Europa iniziarono a sorgere le corporazioni di arti e mestieri che cominciarono a introdurre regole e modi di comportamento per disciplinare/regolamentare queste associazioni. Successivamente fra la fine ottocento e l’inizio del novecento, con lo sviluppo dell’era industriale, il concetto viene adottato ed esteso a tutte le produzioni sia di macchine che di impianti.
Nonostante questo concetto abbia registrato una vasta diffusione e sia frequentemente utilizzato in contratti e sentenze, essendo espressamente citato dal legislatore – vedi art. 2224 del codice civile che cita “il prestatore d’opera è tenuto a procedere all’esecuzione dell’opera secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d’arte” – non ha mai fornito una definizione dettagliata e tangibile.
Definizioni. Per quanto attiene il settore elettrico possiamo trovare una prima embrionale definizione nella legge 186 del 1968, legge composta di soli due articoli che citano:
– Art. 1: I lavori devono essere realizzati a regola d’arte.
– Art- 2: Si considerano a regola d’arte i lavori eseguiti in conformità alle norme CEI.
Il medesimo concetto lo ritroviamo poi nel 1990 con la legge 46 e successivamente nel 2008 col DM 37 che interessa direttamente gli installatori e che recita: “Le imprese realizzano gli impianti secondo la regola dell’arte, in conformità alla normativa vigente e sono responsabili della corretta esecuzione degli stessi. Gli impianti realizzati in conformità alla vigente normativa e alle norme dell’UNI, del CEI o di altri Enti di normalizzazione appartenenti agli Stati membri dell’Unione europea o che sono parti contraenti dell’accordo sullo spazio economico europeo, si considerano eseguiti secondo la regola dell’arte”.
Per gli ambienti di lavoro interviene anche il D.Lgs. 81 del 2008 che nell’art. 81 riafferma lo stesso concetto, ma ancora non siamo giunti ad una definizione di regola dell’arte che non si presti ad interpretazioni.
Nel caso in cui non si applichino le norme tecniche (CEI, CENELC, IEC, UNI), una definizione della Regola dell’arte è quella del Buon padre di famiglia che si esplicita nel fatto che occorre agire con Perizia, Prudenza e Diligenza (art. 1176 del Codice Civile): in questo caso è ovviamente più difficoltoso dimostrare che si è applicata la regola d’arte.
Norme giuridiche e norme tecniche. In qualsiasi ambito tecnico ed in particolare nel settore elettrico si impone, per realizzare impianti “a regola d’arte”, il rispetto delle normative che sono articolate in due tipologie di riferimento: le norme giuridiche e le norme tecniche.
La conoscenza delle norme e la distinzione tra norma giuridica e norma tecnica è pertanto il presupposto fondamentale per un approccio corretto alle problematiche degli impianti elettrici che devono essere realizzati conseguendo quel “livello di sicurezza accettabile” che non è mai assoluto, ma è, al progredire della tecnologia, determinato e regolato dal legislatore e dal normatore.
Per definizione le norme giuridiche sono tutte le leggi dalle quali scaturiscono le regole di comportamento. Sono obbligatorie e vengono emanate dagli Organi legislativi nazionali ed europei e si suddividono in:
– Nazionali, Regionali, ecc.: rientrano in questa categoria le Leggi, i DPR, i Decreti legislativi, le Ordinanze;
– Extranazionali o Comunitarie: rientrano in questa categoria le Risoluzioni, le Direttive, le Raccomandazioni.
In settori particolari caratterizzati da complessità tecniche e dalla necessità di continuo aggiornamento, quali ad esempio la sicurezza, le norme giuridiche non entrano nel merito di requisiti tecnici di dettaglio, ma rinviano per questi alle norme tecniche.
La norma tecnica è definita a livello europeo (norma UNI CEI EN 45020) come il “documento, prodotto mediante consenso e approvato da un organismo riconosciuto, che fornisce, per usi comuni e ripetuti, regole, linee guida o caratteristiche, relative a determinate attività o ai loro risultati, al fine di ottenere il miglior ordine in un determinato contesto”.
La norma tecnica corrisponde alla migliore tecnologia disponibile e rappresenta la codificazione dei corrispondenti standard tecnici.
I campi disciplinati dalle norme sono i più disparati, in quanto spaziano dai materiali ai prodotti, dalle macchine agli impianti, alle costruzioni in generale.
Le norme tecniche non sono per loro natura obbligatorie: diventano obbligatorie nel momento in cui una legge o un’altra norma legislativa fa espresso riferimento ad esse.
La loro applicazione costituisce un metodo corretto ed esaustivo per soddisfare le norme di legge generiche, in quanto viene in tal modo garantito un livello minimo di sicurezza rispondente alla regola dell’arte. In pratica chi applica la norma tecnica non è tenuto a dimostrare di avere lavorato a regola d’arte in quanto la Norma è riconosciuta dal legislatore come regola dell’arte laddove si dice espressamente che la norma tecnica ha la presunzione della regola d’arte. Nessuno può quindi pretendere di più di quanto indicato dalla norma tecnica, tranne ovviamente accordi contrattuali fra contraente e installatore.
Alla emanazione delle norme tecniche sono preposti appositi Enti di normazione che, per garantire la massima trasparenza e imparzialità, vedono la partecipazione di tutte le parti sociali interessate, quali i produttori, i consumatori, le autorità competenti.
In base all’ambito territoriale in cui operano, gli enti di normazione vengono distinti in internazionali, europei e nazionali; essi, per ragioni storiche, sono presenti con due organizzazioni diverse: una per il settore elettrico (CEI) e una per tutti gli altri settori (UNI).
Oltre alle norme tecniche gli enti normatori pubblicano anche delle guide che, pur non rientrando nella tipologia delle norme riconosciute dalla legge, devono essere considerate quali pubblicazioni ausiliarie equiparate a qualsiasi altra pubblicazione tecnica a meno che non siano espressamente citate da qualche provvedimento legislativo.
Esecuzione degli impianti. Come previsto dall’art. 6 comma 1 del DM n. 37/2008 le imprese installatrici devono realizzare gli impianti secondo la regola dell’arte, in conformità alla normativa vigente e sono responsabili della corretta esecuzione degli stessi.
Gli impianti si considerano eseguiti a regola dell’arte se sono realizzati in conformità alla vigente normativa e alle norme dell’UNI, del CEI o di altri Enti di normalizzazione appartenenti agli Stati membri dell’Unione europea o che sono parti contraenti dell’accordo sullo spazio economico europeo.
Il DM n. 37/2008 ribadisce, inoltre, quanto già previsto dall’articolo 5 comma 6 del DPR n. 447/1991 ossia che gli impianti elettrici nelle unità immobiliari ad uso abitativo realizzati prima del 13 marzo 1990 (data di entrata in vigore della legge n. 46/1090) si considerano adeguati se dotati di:
– sezionamento e protezione contro le sovracorrenti posti all’origine dell’impianto;
– protezione contro i contatti diretti;
– protezione contro i contatti indiretti o protezione con interruttore differenziale avente corrente differenziale nominale non superiore a 30 mA.
Il DM n. 37/2008, a differenza di quanto previsto dalla legge n. 46/1990, non prevede alcun obbligo di adeguare i vecchi impianti, ma si limita ad affermare che risultano adeguati gli impianti che possiedono i requisiti sopra evidenziati.
L’impresa installatrice prima dell’inizio dei lavori per la costruzione o ristrutturazione dell’edificio contenente gli impianti previsti dal DM n. 37/2008, deve affiggere un cartello da cui risultino i propri dati identificativi e, se è prevista, la redazione del progetto da parte di un professionista, il nome del progettista dell’impianto o degli impianti.
Per ottemperare a quanto sopra, l’installatore deve conoscere, almeno per gli aspetti principali, la classificazione degli ambienti ordinari o speciali in cui l’impianto elettrico deve rispettare le caratteristiche particolari, come ad esempio:
– ambienti con bagni e docce;
– ambienti a maggior rischio in caso di incendio (MARCI);
– ambienti con pericolo di esplosione.
Inoltre l’installatore deve eseguire, o far eseguire, la valutazione complessiva del rischio elettrico che comprende anche:
– rischio di fulminazione;
– rischio incendio;
– rischio esplosione, come sotto riportato.
La valutazione del rischio elettrico richiesta dal D.Lgs. n. 81/2008. Nei luoghi di lavoro il D.Lgs. n. 81/2008 all’art. 80 del capo III del titolo III prevede che il datore di lavoro deve prendere tutte le misure necessarie affinché i materiali, le apparecchiature e gli impianti elettrici messi a disposizione dei lavoratori siano progettati, costruiti, installati, utilizzati e mantenuti in modo da salvaguardare i lavoratori stessi da tutti i rischi di natura elettrica ed in particolare quelli derivanti da:
– contatti elettrici diretti;
– contatti elettrici indiretti;
– innesco e propagazione di incendi e di ustioni dovuti a sovratemperature pericolose, archi elettrici e radiazioni;
– innesco di esplosioni;
– fulminazione diretta ed indiretta;
– sovratensioni;
– altre condizioni di guasto ragionevolmente prevedibili.
Al fine di garantire la sicurezza a cui sono esposti i lavoratori, il D.Lgs. n. 81/2008 obbliga il datore di lavoro ad eseguire una specifica valutazione del rischio elettrico nel luogo di lavoro tenendo conto delle condizioni e caratteristiche specifiche del lavoro, ivi comprese eventuali interferenze in tutte le condizioni di esercizi prevedibili.
A seguito di questa valutazione il datore di lavoro deve adottare le misure tecniche ed organizzative necessarie ad:
– eliminare o ridurre i rischi presenti;
– individuare i dispositivi di protezione collettivi ed individuali necessari alla conduzione in sicurezza del lavoro;
– predisporre le procedure di uso e manutenzione;
– garantire nel tempo la permanenza del livello di sicurezza degli impianti.
La regola dell’arte è statica oppure evolve nel tempo? La regola dell’arte deve considerarsi un concetto in continua evoluzione, figlio del periodo storico in cui si vive, della conoscenza tecnica di quel periodo e delle leggi e consuetudini in vigore nello stesso tempo. Occorre quindi mantenersi aggiornati sulla evoluzione normativa, sia tecnica (norme CEI) sia legislativa (Leggi, Decreti Ministeriali, ecc.).
Cosa implica il mancato rispetto della regola dell’arte: parla l’Avvocato. Il mancato rispetto della regola dell’arte, a prescindere dal rispetto o meno delle singole pattuizioni contrattuali, determina sempre una responsabilità per danni, questo per pacifica e concorde giurisprudenza sia di merito (Giudici di Pace, Tribunali, Corti d’Appello) sia di legittimità (Corte di Cassazione).
Solo per citare un esempio, si richiama la sentenza pronunciata dalla Suprema Corte di Cassazione, n. 12995 del 31 maggio 2006. In essa si ribadisce che l’appaltatore, anche laddove si attenga alle indicazioni di un progetto eseguito da un professionista, può essere ritenuto responsabile per i vizi dell’opera in quanto, conservando in ogni caso una certa autonomia, è tenuto ad eseguire l’opera stessa secondo le regole dell’arte.
Da ciò discende come conseguenza immediata che se l’installatore, nei limiti delle cognizioni tecniche da lui esigibili, non segnala al committente le carenze e gli errori macroscopici dell’opera, nonostante sia stato il committente stesso o il suo progettista a predisporre il progetto e a fornire indicazioni sulla sua realizzazione, sarà comunque corresponsabile in caso di danno anche se ha eseguito fedelmente il progetto e le indicazioni contenute.
Se invece il committente reso edotto da parte dell’installatore delle carenze e/o degli errori del progetto chiede a quest’ultimo di dare ugualmente esecuzione alle indicazioni di progetto, lo stesso installatore è esente da responsabilità essendo stato oggettivamente privato della libertà di decisione (nudus magister).In tal caso è indispensabile che l’installatore, a sua salvaguardia, ne dia comunicazione al committente con un documento scritto.
La Suprema Corte ha inoltre ritenuto che anche in assenza di una specifica norma tecnica che imponga determinati adempimenti è configurabile la responsabilità per danni derivanti dalla mancata osservanza delle generiche norme di salvaguardia.
È proprio per questo motivo che nel corso degli anni c’è stato un sempre maggiore affinamento delle indagini tecniche in campo processuale, volto a verificare l’esistenza di quell’accorgimento che, pur non essendo stato normato, avrebbe potuto evitare il verificarsi del danno.
In pratica la responsabilità dell’installatore non viene chiamata in causa quando egli ha seguito la norma tecnica (Regola dell’arte), ma quando il danno è provocato da un elemento che non è contenuto nella normativa ma che con il comportamento del Buon padre di famiglia (Perizia, Prudenza e Diligenza) l’installatore avrebbe potuto valutarlo e od eliminarlo. Questa ipotesi nel campo dell’impiantistica elettrica è piuttosto rara in quanto è un settore molto normato e caratterizzato da norme tecniche molto dettagliate che entrano anche nei particolari realizzativi.
Conclusioni. La regola dell’arte deve intendersi come il complesso delle regole tecniche cui attenersi al fine di assicurare uno standard minimo di accettabilità del prodotto (per prodotto si intende sia un progetto sia un impianto sia un componente ecc), in termini di utilizzabilità, durata, affidabilità e sicurezza.
In sostanza l’installatore per poter affermare di lavorare a regola d’arte deve conoscere e applicare le norme giuridiche (Leggi) e le pertinenti norme tecniche. (Nel settore impiantistico elettrico: se gli impianti sono realizzati in conformità alle norme tecniche, per la legge italiana sono considerati a regola d’arte).
Ricevendo il progetto, l’installatore deve saperlo leggere correttamente e deve inoltre essere in grado di valutarne le macroscopiche carenze, nei limiti delle conoscenze tecniche che sono richieste per lo svolgimento della propria attività professionale.
Per la parte operativa durante le lavorazioni:
– deve usare le tecniche e gli attrezzi idonei;
– in caso di difficoltà di installazione di alcuni componenti non deve manomettere o modificare gli stessi per agevolarne il montaggio;
– deve sempre seguire le istruzioni e i suggerimenti di montaggio forniti dal costruttore dei componenti stessi;
– al termine dei lavori deve sempre effettuare le prove e verifiche richieste dalle norme.
L’elenco non è sicuramente esaustivo, ma costituisce la base fondamentale per il presupposto della regola dell’arte.